Nassau, Anno Domini 1716.
Nasce la Repubblica Pirata.
Quando si parla di democrazia è perfetto citare la rivoluzione francese, accettabile la rivoluzione
americana, ma guai a parlare della democrazia nata fra i Fratelli della Costa decenni prima.
La storia è scritta dai vincitori, è un dato di fatto.
La storia facilmente si trasforma in marketing.
Per valutarla occorrerebbe calarsi davvero nel contesto in cui i fatti si sono svolti.
Parlare di rivoluzione per il "sistema" è facile. In fin dei conti, si tratta di borghesi che hanno sostituito l'aristocrazia.
Un'aristocrazia antica di secoli e che, per secoli, ha fatto il bello ed il cattivo tempo rispetto al popolo.
Che nel corso dei secoli si è trasformato e organizzato. Contadini, mercanti, morti di fame.
Ed erudendosi ha rivalutato la propria condizione rispetto ad una élite di parassiti che, noncurante delle condizioni di vita del popolo, conduceva una vita privilegiata pagata dalle masse.
Alla fine, un potere che ne ha sostituito un altro. La borghesia subentrata all'aristocrazia.
Va benissimo parlarne perché quei borghesi si sono trasformati in manager e continuano, nell'ombra, a tessere i destini delle nazioni.
Marketing.
Parlare della rivoluzione americana delle colonie inglesi va bene, se ne parla anche, ogni tanto. Pur rimanendo nei fatti, una ribellione nei confronti di un re dispotico che affamava concittadini distanti migliaia di chilometri. Ma non è bene parlarne troppo. Un po' perché instillerebbe l'idea della follia nei governanti ed un po' perché l'evidenza dell'unità di quei cittadini che si sono ribellati è l'origine della potenza mondiale che stabilisce il bello ed il cattivo tempo dell'intero globo terracqueo.
Marketing.
Della rivoluzione a bordo delle navi pirata e delle prime forme di repubblica formatesi decenni prima meglio non parlare proprio.
La coscienza collettiva ha più o meno presenti le condizioni di vita del mezzadro tanto quelle dell'emigrato, quindi la rivoluzione francese e quella delle colonie americane sono facilmente assimilabili.
Il cittadino sfruttato nel primo caso, le difficoltà di parenti emigrati nel secondo, rendono il tutto palpabile.
Ma guai trasformare rinnegati in paladini della democrazia. Dove finiremmo?
Le masse potrebbero capire l'inganno.
Analizzando meglio il concetto, contestualizzando il periodo storico, marinai lo diventavano gli ultimi. La vita di bordo era durissima. Per le condizioni igieniche, la qualità del cibo, la disciplina brutale imposta con pene corporali, i naufragi.
Imbarcarsi poteva essere meglio della vita a terra ma era comunque una vita grama e densa di pericoli mortali.
Nel romanzo Typee di Herman Melville si legge come i marinai andassero sulla chiglia a consumare i pasti.
Meglio non vedere cosa si mangiava. Non parliamo dell'acqua che si beveva. Lunghi periodi di navigazione senza frigoriferi possono far intuire il deterioramento del cibo ed il proliferare di batteri nelle botti in cui era conservata l'acqua.
Figurarsi il secolo precedente o quello prima ancora.
Finite le guerre che avevano viste coinvolte le grandi potenze europee ecco che si presenta il conto alla politica.
Una folla di marinai e combattenti che fino a quel momento si erano guadagnati lo stipendio combattendo per mare e che solo quello sapevano fare, si ritrova disoccupato, alla fame.
Spinti dal bisogno, velocemente, si trasformano in banditi facendo l'unica cosa che sanno fare, assaltare per sfamarsi.
E come l'ingegno si nasconde nel bisogno, ecco nascere le prime "bande" con i primi leader. Ed i Pirati dei Caraibi.
Persone capaci nel loro mestiere: conoscitori della marineria, del combattere, come della struttura delle navi sulle quali navigavano.
Persone abbandonate. Una volta finita la necessità di averle al loro servizio da parte delle élite del tempo.
Persone il cui primo obiettivo era sopravvivere.
Persone che, raccoltesi in poche decine di migliaia, hanno messo in ginocchio le superpotenze dell'epoca costringendole a patti, spesso pure a rese incondizionate. Regnanti che hanno concesso il perdono e cariche a famosi capitani pirata.
Questo non va raccontato, non va capito.
I pirati vanno bene nei romanzi dove vengono narrati come delinquenti, magari romantici, ma sicuramente folli e capaci delle peggiori atrocità. E non serve parlare delle atrocità commesse dai capitani delle Marine Reali: i giri di chiglia, le fustigazioni, no, quelle non contano.
Marketing.
La Storia, invece, quella non mente o non racconta versioni di convenienza, la Cronaca che diventa Storia.
Nel 1716 a Nassau, nei Caraibi, nasce la prima Repubblica Pirata.
L'esule e pirata Benjamin Hornigold, in una taverna, declama una primissima forma di statuto per dissipare malumori e rivalità. Un accordo secondo il quale ogni uomo era uguale all'altro, l'ex schiavo liberato come il capitano del vascello.
Un accordo secondo il quale ogni uomo avrebbe ricevuto un compenso pari alla propria responsabilità e dove il capitano avrebbe dovuto rispondere all'ultimo dei mozzi del proprio operato anche con le conseguenti punizioni.
Un accordo secondo il quale ogni uomo veniva giudicato rispetto al suo operato e non rispetto alla classe sociale.
No, i pirati erano delinquenti. Quali anticipatori della democrazia odierna?
Delinquenti.
Guai a instillare il pensiero che i reietti siano tali in conseguenza delle condizioni sociali, lo status quo va preservato.
Marketing.
Guai far capire al popolo che non ci sono distinzioni e che nasciamo tutti uguali, dipende esclusivamente dalla culla il destino che ci attende e che finché esisterà un povero saremo tutti più poveri.
Queste cose vanno bene nei sermoni della domenica a messa, finita la quale torniamo tutti alla routine dove cane mangia cane.
E’ il marketing.
