Space Launch System o più semplicemente SLS

Questo razzo è, al momento, il razzo più potente sulla faccia della Terra, il rumore dei suoi motori produce onde sonore talmente forti da doverne inondare la sede sulla rampa di lancio con acqua per attutirle. Altrimenti lo distruggerebbero.
Il Saturn V, quello utilizzato nelle missioni Apollo degli anni ’60/’70, era un razzo a tre stadi mentre il nostro ne ha due. Questo è dovuto al fatto che occorre portare meno cose per ogni lancio, come ad esempio i lander od i rover lunari, che infatti verranno lanciati separatamente ed in parte anche al fatto che sono state riutilizzate molte parti del vecchio Space Shuttle. Un po’ per abbattere i costi e un po’ per costruirlo più velocemente. Trovo entusiasmante che, in un certo senso, si possa considerare un esempio di economia circolare.
Un po’ come se per costruire una nuova macchina da corsa si utilizzassero pezzi della vecchia auto di nostro padre. Il razzo SLS è quasi pronto al lancio e, se tutto procede secondo i piani, potremo vederlo partire entro l’anno, a fine Agosto o al massimo a Novembre.
Pensato come un Saturn V, in realtà, molta della tecnologia impiegata nel costruirlo proviene dallo Space Shuttle: i quattro motori (RS25) dello stadio principale, come i booster laterali, sono proprio quelli dello Space Shuttle, chiaramente aggiornati ed adattati.
Per questo motivo si può definire un razzo obsoleto, infatti la maggior parte di esso si disintegra rientrando nell’atmosfera terrestre come accadeva decenni or sono e,
diversamente da quanto si progetta e realizza ora, con praticamente ogni stadio riutilizzabile più volte come il Super Heavy della SpaceX che però è attualmente ancora in fase di sviluppo e che sarà il successore dello SLS. Infatti il programma spaziale prevede un massimo di 10 missioni utilizzando questo razzo e dando così il tempo agli attuali prototipi di trasformarsi, a tutti gli effetti, in veicoli spaziali.
Non staremo qui a parlare della potenza in KN sviluppata, ma un accenno a questo sistema di propulsione è dovuto. Il primo stadio brucia combustibile liquido (idrogeno ed ossigeno) mentre i booster laterali combustibile solido. La differenza principale fra questi due diversi tipi di combustibile sono che il combustibile liquido può essere controllato,
un po’ come la benzina che brucia nel motore della nostra auto e che viene regolato dagli iniettori, mentre il combustibile solido è come la polvere nera di un petardo e, una volta innescata la combustione, questa esplode liberando energia che, in questo caso, viene diretta in una sola direzione, ovvero verso il basso.
L’energia liberata è così grande che i soli due booster liberano tanta potenza che sono in grado di sollevare da soli il peso dei quasi 112mt per 8,5mt di diametro dell’intero SLS e sostanzialmente servono per uscire dall’atmosfera bruciando per circa due minuti, mentre la combustione dello stadio principale ne dura circa otto, una volta usciti dall’atmosfera serve infatti raggiungere un’orbita alta per proseguire poi verso la Luna. La spinta per vincere le resistenze e poi arrivare in orbita lunare è di circa 9-10Km/s.
Una volta separatosi dal primo stadio, il secondo stadio proseguirà il viaggio fino all’orbita lunare. Questa ogiva spaziale è composta da due parti: la prima ICPS (Interim Cryogenic Propulsion Stage) che serve a dare l’ultima spinta verso la Luna e la seconda, la punta del razzo, dove trovano alloggio gli astronauti nel modulo di comando Orion con il vano di carico primario per un peso complessivo pari a 26t con un aumento di carico trasportabile nelle future versioni pari a 45t. Infatti sia il modulo di comando che i landers che i rovers sono molto più grandi rispetto a quanto visto nelle missioni Apollo. Occorre tenere presente che attualmente si pensa di sfruttare proprio la navicella Orion per raggiungere il pianeta rosso alla fine di questo decennio od agli inizi del prossimo. Importante specificare che, in cima a tutto, trova posto un puntale dotato di razzi ausiliari, cuore del launch abort system, come nel Saturn V ed, al contrario dello Space Shuttle, vi è un sistema di espulsione del secondo stadio in caso qualcosa andasse storto al lancio e ci fosse la necessità di salvare le vite umane a bordo.
Il modulo di comando, la navicella Orion, è in grado di ospitare fino a sei astronauti, di resistere nello spazio senza essere attraccata fino a 21 giorni e fino a 6 mesi attraccata ad una stazione spaziale. Dotata di sistemi per la navigazione automatica coadiuvati da intelligenza artificiale, la navigazione prima sfrutterà il sistema
GPS e poi una volta perso il segnale, imposterà la rotta osservando le stelle come i marinai di un tempo. Richiama nella forma il design dei vecchi moduli apollo (è la forma migliore per garantire un sicuro rientro in atmosfera terrestre garantendone l’equilibrio), e molto più grande del modulo di comando usato nelle missioni Apollo. Lo scudo termico è in grado di sopportare temperature di 3.000°C, più della metà della temperatura superficiale del Sole, la produzione di 20 esemplari è in corso e la prima è stata lanciata con successo nel 2014. La spinta verso la Luna è garantita dal modulo ESM (European Service Module) costruito dalla ESA (agenzia spaziale europea) che oltre a dare l’ultima spinta verso il nostro satellite è anche esso derivato da qualcosa già utilizzato negli scorsi anni ovvero il modulo ATV, che sono serviti per rifornire la ISS. Alcuni componenti di questo modulo di servizio vengono costruiti in Italia.
Questa volta non è una visita, questa volta andiamo per fermarci.

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