Stalin è morto, La propaganda no.

Metti una notte di quasi vent’anni fa, dopo un sabato sera frizzante in giro per locali.
Torni a casa e a prendere sonno non ce la fai. Accendi la tv che magari aiuta e su RaiTre c’è un lungo filmato in lingua originale sui funerali di Stalin. Sotto alle coperte, segui le immagini della folla oceanica che rende omaggio ad un uomo in uniforme. Un perfetto ed immobile sorriso su un volto di cera. Ed una bara circondata da così tanti fiori che è impossibile non sentirne l’odore penetrante attraverso lo schermo ed il tempo.
“Immenso è il dolore del popolo…”, “Migliaia di persone si susseguono…”.
Le immagini mostrano questo. Una folla che sembra non avere confini e non esaurire le lacrime.
E tu, sotto le coperte che proteggono i tuoi pensieri, ti chiedi se tutta quella gente vedesse davvero in quell’uomo il Piccolo Padre che aveva a cuore il bene della Russia intera.
E poi, se davvero c’è tutta Mosca e anche di più attorno ad una salma, se la commozione che vedi sia sincera oppure quella moltitudine sia finita lì solo perché è l’unica cosa da fare. La cosa giusta per non finire chissà dove dopo essere stati prelevati chissà quando, di notte, per non fare mai più ritorno.
Queste cose ti chiedi.
Quanto c’è di vero in questo ipnotico spettacolo del dolore?
Quanto è dolore e quanta è paura? Quanto è dolore e quanta propaganda? E la folla oceanica è davvero lì o quelle immagini sono il risultato di un montaggio perfetto?
In ogni tempo, nei modi più diversi, paura e propaganda sono stati motore e pretesto per creare mondi interi. E che piaccia o no, in questo modo si è fatta parte di storia.
Qui sotto lo potete vedere voi stessi, il funerale di Stalin, e rifletterci su.
I tempi cambiano, certi meccanismi no. Come il nostro compito, che è quello di porci domande. E di andare oltre alla narrazione. Sempre.
Buona visione. Buona riflessione.

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