Serve energia, sempre e sempre di più, in una società dipendente, in tutto e per tutto, da cose che fanno cose per nostro conto.
Un tema urgente e centrale. L’energia necessaria per far andar avanti questo nostro mondo è tanta e le fonti tradizionali a rischio esaurimento.
Le energie rinnovabili hanno fatto il loro ingresso già da tempo e si stanno affermando come energie del futuro, ma la tensione creata dal recente conflitto Russia-Ucraina mette a nudo quanto siamo ancora, terribilmente, legati a fonti energetiche tradizionali.
Fra nuovi trend, mode altisonanti ed ecoincentivi in nome del risparmio energetico, come se il green thinking fosse un concetto tutto contemporaneo, ci si imbatte in qualcosa di meraviglioso e tecnicamente perfetto.
C’è una città, un gioiello architettonico, a 280 Km da Isfahan, in Iran, ed è l’omonima capitale della Provincia di Yazd.
Qualcosa che, anche dai confini ristretti di un video sul Tubo, si mostra in tutta la sua disarmante armonia. E’ conosciuta come la città delle torri del vento per l’architettura, unica al mondo, con cui è stata pensata.
Le torri del vento, o del silenzio, sono particolari camini con sezione rettangolare o poligonale con cui, già nel decimo secolo avanti Cristo, gli abitanti di questa zona hanno risolto, sì, risolto, il problema della climatizzazione degli ambienti. E non è vincere facile, se si tiene conto che la zona è estremamente arida (piovono in un anno solo 60 mm d’acqua), le temperature sfiorano in estate i 50 gradi ed in inverno scendono di molti gradi sotto lo zero. Le torri del vento espellono aria calda di giorno mentre permettono, di notte, all’aria fredda di entrare nell’edificio. Geniali marchingegni meccanici orientati per bloccare o convogliare i flussi d’aria a seconda delle necessità. Senza impatto alcuno sull’ambiente.
A Yazd, patrimonio dell’Unesco, l’impossibile ha preso forma. E non adesso, grazie a mille tecnologie, ma nell’infinito passato, in un tempo ed in un luogo in cui le risorse erano quello che erano. E ne è venuto fuori un capolavoro. Senza oligarchi, multinazionali e colossi vari. Il massimo, con poco.
E noi, invece, che si fa? Nel 2022, in quello che sembra il migliore dei mondi possibili? Mah.
La tendenza delle grandi aziende e dei grandi tutti è quella di privilegiare comportamenti e scelte apparentemente ecosostenibili.
Un mondo che pensa green, il nostro, e lo fa spingendo al massimo l’idea dell’elettrico. Bello, sì, che inquina meno. Ma le batterie, un giorno andranno smaltite e, nel frattempo, l’elettricità per caricarle si ricava dalle centrali a carbone.
Nel frattempo, a Genova, città esposta ad un vento che solo Trieste, viene posto il veto, dal Ministero della Cultura, al progetto dell’impianto eolico, presso la nuova diga foranea, per “motivi legati a vincoli paesaggistici.” La nuova diga si farà, senza colpo ferire. L’impianto eolico, no.
In che modo potrebbe risultare impattante, brutalista, un impianto che si sviluppa in assoluta verticalità, ad un km dalla costa, e che aveva già l’ok di Legambiente?
Una fonte d’energia che, in certe occasioni, sposta i cassonetti della spazzatura, sfruttata al minimo. A Genova, il nostro vento inesauribile ci mostra la strada ogni giorno e noi lo ignoriamo.
Forse, in un luogo remoto, quasi dimenticato, e lontano dai meccanismi del business, sapremmo dare voce ai richiami incessanti degli elementi.
In natura vinces semper. Basta volerlo.

Cookies