L'invasione dei giganti

C’era una volta un paese - 1500 abitanti e non di più - sulla riva del Lago Trasimeno.
Si stava bene in questo piccolo centro. Proprio lì, ho trascorso estati tra le più belle della mia vita. Si viveva e si comprava bene. Nei piccoli esercizi in cui chi vendeva, oltre a fare quello, ti consigliava, ti parlava, ti chiedeva della tua famiglia. Come sta tizio, come sta caio. Era bello e c’era quasi tutto. Andare a far la spesa era come andare a casa di qualcuno, far visita agli amici. Che incontravi nei negozi e per strada.
Due piccoli alimentari, un fruttivendolo, due panifici, due ristoranti, due bar, due saloni di parrucchiere per signora ed un barbiere. Un negozio di scarpe, una merceria ed una macelleria. Un albergo a conduzione familiare in cui eri sicuro di consumare pasti indimenticabili. Un calzolaio e poi un’edicola. C’era tutto e ci si stava tranquilli anche in vacanza. Perché eri, sì, in campagna, ma con le sicurezze e le possibilità di svago del piccolo centro. Tutto filava liscio o almeno a me sembrava così.
Ci sono tornata il mese scorso. Ci sono tornata per motivi familiari ed ero già molto, ma molto triste di mio.
Non mi ha consolato vedere che, di tutto ciò che ricordavo, di tutte le piccole realtà commerciali che hanno sempre rappresentato una certezza, non è rimasto quasi nulla.
Con il tempo, hanno chiuso tutti. Tranne l’edicola che tira avanti a fatica, un panificio ed un negozio di pasta fresca condotto da chi cucinava gli indimenticabili manicaretti di cui sopra, era tutto chiuso, tutto spento.
C’è, però, ai confini del paese, un supermercatone. Quello che un tempo trovavi nei piccoli negozi in cui ti chiedevano come stai, adesso lo trovi lì. Dagli alimentari, ai vasi per le piante, alle sedie a sdraio. Tutto comodo in un unico grande esercizio. A posto siamo.
Il supermercatone è ai confini estremi del paese e non ci si può andare a piedi. Forse in bicicletta. Del resto, tante persone anziane continuano ad usare questo mezzo per spostarsi. Ma lo spesone, se sei anziano e pure ciclista, non ce la fai a farlo bene. Bisogna proprio che ti accompagnino. O che qualcuno faccia la spesa per te. Si è perso, per tanti anziani che si arrangiavano con la spesa quotidiana a pochi passi da casa, un luogo d’incontro con chi conosci da sempre e l’occasione per mantenere, giorno dopo giorno, un minimo di indipendenza.
In paese è rimasto il silenzio, colonizzato dai piccioni, al posto dei piccoli esercizi. E, per quanto mi riguarda, un male atroce ripensando a quanta fresca vitalità riesco a rivivere in quei luoghi chiudendo gli occhi per un istante.
Veniamo a Genova, nel mio quartiere sulle alture.
Nel giro di tre anni, abbiamo visto chiudere un ufficio postale, una pescheria, un bar ed un negozio di alimentari. Tutti nella stessa via. Anche qui, dove la percentuale di persone anziane è forse più alta che nel mio paese d’origine in Umbria, stesse considerazioni sulla perdita di luoghi di incontro e sulle difficoltà che, in una città tutta saliscendi come Genova, non si contano. Non commento la decisione di Poste Italiane di privare un quartiere del suo storico ufficio postale, meglio di no. Ma tutto il resto, tutte le attività perse nel giro di pochi anni, è frutto di politiche che strozzano i piccoli e di un sistema che rende tremendamente appetibile l’acquisto in rete o nei supermercati che invece si diffondono a dismisura.
Rimanendo a Genova, qualche giorno fa, ho fatto un passo in zona Foce, vicino a dove si tiene il nostro annuale Salone Nautico.
Anche lì, passeggiando tra le vie, non ho potuto fare a meno di notare che tanti, troppi, degli esercizi in cui, per più di vent’anni, ho acquistato beni vari durante le mie pause pranzo, non ci sono più. Negozio chiuso, spazio vuoto, silenzio, anche qui, quanto ne vuoi.
Per come sono fatta, mi manca, in ognuno dei tre contesti citati, entrare nel negozio che vende solo quello, i consigli della persona che sa, che un po’ mi conosce e sceglie per me nel modo migliore possibile. Che mi dice guarda gli zucchini questa settimana costano di più, li vuoi lo stesso? Le briosche di pasticceria che ti piacciono le ho ordinate, ti mando un messaggino quando arrivano.
Non mancano, invece, supermercati a più non posso. Ovunque. Nel quartiere in cui vivo, giustamente, chiude l’ufficio postale in cui tutti gli anziani andavano a ritirare la pensione, ma se prendi l’ascensore della municipalizzata, fai un discreto percorso a piedi e due lunghe rampe di scale, arrivi nel Bengodi di una Coop, del tristarello centro commerciale annesso e di una Esselunga nuova nuova a pochi metri dalla prima. Vuoi mettere l’emozione di fare oggi lo spesone qui, domani lo spesone là? Una gara a chi rimane ultimo, tipo Highlander, perché, strano stranissimo, ma Genova si sta spopolando e, va da sé, gente che andrà a fare la spesa al supermercato ce ne sarà sempre meno.
Sempre più supermercati per una popolazione sempre meno numerosa.
Chissà a cosa serviranno, questi mega luoghi del piacere di spendere. E soprattutto a chi.
Ora. Per carità. L’effetto wow delle infinite possibilità non si discute. Piace a tutti e piace anche a me. Talmente tanti beni da poter scegliere che il rischio sembra quello di non vedere tutto, di perdersi qualcosa. Quello che hai perso è molto prima, molto di più.
Quello che hai perso non lo vedi, non lo percepisci. Il sistema perfetto che ruba tempo, rapporti umani, posti di lavoro e soldi, è abile. Ti toglie e tu non te ne accorgi. Ti dà spazi immensi per comprare tutto e tutto assieme. Circondati da così tanto, si finisce per comprare molto di cui non si ha bisogno. E occhio perché un cittadino indebitato è qualcosa per cui il sistema di oggi si lecca le dita.
Quello che abbiamo perso nemmeno ce lo ricordiamo. Abbiamo perso rapporti umani, piccole e belle attività commerciali, spazi curati e puliti attorno ad esse, consigli preziosi.
In cambio, abbiamo casermoni caotici e sporchetti con l’aria condizionata a bomba in cui puoi fare shopping a non finire.
E strade densamente popolate dai furgoncini dei corrieri. Alcuni consegnano anche di domenica. Queste sì che sono conquiste.
Abbiamo grandi responsabilità, in un sistema che ci vuole tristi, soli, omologati ed indebitati. Che schiaccia i piccoli per incentivare i giganti delle catene e che orienta le nostre spese a favore dei secondi facendo sì che scegliere di spendere alla vecchia maniera, nel negozio, nella boutique, comporti un maggiore investimento di soldi e di tempo. Perché, ovvio, il piccolo ha grandi spese da sostenere, oppresso come è da tutti gli oneri possibili.
Proviamo a farlo un passo indietro. Non è facile, soprattutto arrivati a questo punto. Ma facciamo scelte importanti ogni volta che spendiamo i nostri soldi. Proviamo a mettere un piedino fuori dal sistema e a farci delle domande.
Se qualcosa è terribilmente a buon mercato significa che, da qualche parte, qualcuno ci ha perso e che qualcosa non torna. Questo vale per i supermercatoni e per gli acquisti fatti dal solito noto del web.
Abbiamo grandi responsabilità perché abbiamo un grande potere. Ricordiamocelo perché è funzionale ed utile al sistema dei giganti farci sentire insignificanti, stordirci a suon di sconti. Possiamo cambiare tutto, invece. A piccoli passi, ma siamo tanti e possiamo farlo.
Io rivvorrei il mio mondo. Di negozietti e di esseri umani.

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