Era uscito nel 2022 ed io non ci avevo fatto caso.
Lo aspetto, sempre e con ansia, quell’ultimo romanzo di Jonathan Coe.
E’ uscito nel 2022, dicevo, ed io l’ho scoperto l’anno dopo. “Bournville”, notato sullo scaffale di una libreria, non potevo che farlo mio un attimo dopo.
Li ho letti tutti, e alcuni più di una volta, i romanzi di Coe. Ho iniziato anni fa con “La Banda dei Brocchi”, poi “Circolo Chiuso” e poi tutto il resto. Amando i personaggi di ogni sua storia come persone vere e trovando consistenti pezzi di me in ognuno di loro.
Sarà che, sì, in Inghilterra, ho lasciato spesso quei pezzi di me, di quella mia parte autunnale che raramente sa farsi davvero largo.
Ho iniziato “Bournville” rigorosamente con copertina e tisana. E l’ho amato. Eccome se l’ho amato.
Marzo 2020. Tutto sta per accadere. Una giovane musicista è in tournée in Europa. Una tournée che forse non vedrà la fine perché i motivi li sappiamo. La ragazza, lontana da casa e scaraventata da un giorno all’altro nel mondo del distanziamento sociale, del saluto col gomito e del doman non v’è certezza per eccellenza, fa una videochiamata in Inghilterra a sua nonna Mary. Da lì parte un viaggio nel passato, nel passato di Mary, dalla fine della seconda guerra mondiale alla Brexit e al covid. Con base nella cittadina di Bournville che dà il titolo al romanzo ed in cui è situata la fabbrica di cioccolato Cadbury.
In “Bournville” ritrovi tutto. La capacità di Coe di creare saghe, di mettere insieme i pezzi nello spazio e nel tempo, di sparpagliare mille personaggi dentro i suoi libri e caratterizzarli tutti come se li stesse disegnando.
Li vedi vivere, emozionarsi, reagire, fare coming out, innamorarsi, tradire tutto o uniformarsi.
Ed è vero, ci sono schemi che si ripetono e ti fanno pensare a qualcosa di già visto in tutti i suoi romanzi. Ma va terribilmente bene così. Va bene anche quando con il mio scrittore preferito sono in disaccordo. Perché la loro Brexit, sì, forse un po’ gliela invidio. Fai anche più di un po’.
E a volte, Jonathan, pari un poco allineato al pensiero unico, ma non importa. Quello che conta è che sai rapirmi e portarmi nel tuo mondo. Questa volta, in una storia al cioccolato, non per questo sempre dolce. Anche se è cioccolato al latte, il mio preferito.
Ho rivissuto pezzi della mia vita che mi hanno riportato indietro esattamente a dov’ero in quel momento. Il matrimonio di Carlo e Diana, la morte di Diana, unica, insostituibile, principessa. La Brexit, il covid.
Ed in quel finale denso di malinconia, che mi sbattuto inevitabilmente in faccia il pezzo più doloroso della mia vita, ho rivisto me stessa. In una realtà diversa, ma parallela.
Vale la pena, davvero, la lettura di questo romanzo. Anche o solo per la quantità di imbattibile ironia che l’autore sa mettere in campo. Anche alla fine, anche quando ti hanno tolto tutto.
Bravo, Jonathan Coe. Sappi che non smetterò mai di aspettare il tuo ultimo, nuovo, romanzo.
