Cenere sei...

Cenere sei...

Sorprende, sempre e sempre di più, la macchina infernale che si mette in moto un attimo dopo l’ultimo respiro.
Per le decisioni ed i costi, inevitabili, affinché l’estremo viaggio di chi ci lascia sia il più dignitoso possibile. Qualcosa finisce e qualcos’altro, immediatamente dopo, inizia.
Per numerose ragioni, da diversi anni, la cremazione è diventata una scelta che molti esprimono già in vita. Comprensibilmente. Per contenere le incombenze e le spese di chi rimane. Perché gestire un’urna contenente le ceneri è meno complesso ed economicamente oneroso, anche in prospettiva, rispetto alla gestione di un feretro.
E semplificare è d’aiuto, in un momento in cui chi resta è alle prese con il dolore, la perdita ed il peso di un’infinita burocrazia.

Viviamo in una regione, la Liguria, con alta percentuale di anziani.
Nella città di Genova vengono cremate, ogni anno, 8.000 salme.
Ma possiamo fare di meglio. Molto meglio.
Viene da pensarlo, istintivamente, di fronte alla decisione della attuale Giunta del Comune di Genova, che, a fine gennaio, ha deliberato la costruzione di un nuovo impianto di cremazione a tre linee nel Cimitero Monumentale di Staglieno.
Eppure l’impianto di cremazione a quattro linee di Socrem, attualmente funzionante, assolve perfettamente al suo compito. Quello di cremare le salme di una città, vero, con alta percentuale di anziani, ma che, da diversi anni, vede il numero dei propri abitanti in costante decrescita.
Il luogo scelto per la costruzione di questo nuovo tempio è, colmo dei colmi, a rischio esondazione e segnalato per frana attiva. In Consiglio Comunale, la situazione precaria del territorio, in quella zona, è stata ampiamente documentata da un membro della minoranza. E paradossalmente, proprio sul sito del Comune di Genova, è possibile reperire un documento del Puc che ne mostra l’evidente dissesto idrogeologico.
Ma no. Il nuovo tempio s’ha da fare. A tutti i costi.
Questo impianto supersonico di cui la Giunta ha deciso di dotarci pare sarà in funzione h24, 7 giorni su 7. E, in un anno, le salme cremate saranno 13.000. Un numero importante. Ancor di più, se sommato a quello delle 8.000 salme cremate dal tempio già esistente. La previsione, per nulla ottimistica, è di 21.000 salme cremate in un anno.
Ma le salme di chi? Viene da chiedersi. Il numero, a spanne, delle persone che vengono a mancare, annualmente, in una città può salire all’improvviso fino quasi a triplicarsi? Si spera, davvero, di no.
Sarà mica che il nuovo tempio servirà altre città del Nord Italia? Così, a sentimento.
Molto meno a sentimento, invece, il Consiglio di Stato è intervenuto il 3 gennaio scorso con una sentenza, a tutela della salute pubblica, che definisce i forni crematori industrie insalubri di prima classe. Eh, sì.
Perché “i forni crematori con il loro funzionamento producono emissioni inquinanti, costituite in particolare da polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili, composti inorganici del cloro e del fluoro e metalli pesanti, tra cui il mercurio sovente presente nelle otturazioni dentarie.”
Vale la pena ricordare, fra l’altro, che in Liguria non esiste ancora il piano regionale di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni previsto dall’art. 6 della legge 130/2001. Il piano in questione dovrebbe tenere conto di numerosi fattori: popolazione residente, indice di mortalità, dati statistici sulla scelta crematoria. E che le norme nazionali, rispetto a questo tema, impongono una distanza minima dalle abitazioni che in questo caso non verrebbe rispettata.
Risulta, fra l’altro, inspiegabile che l’Osservatorio Ambiente Salute, creato nel 2016 ed interlocutore fondamentale con cui confrontarsi, non sia stato interpellato per valutazioni su questo progetto.
Al momento presente, la Valbisagno è sede di numerose servitù (la Volpara è forse la più discussa e non mi dilungo solo per evitare una triste e lunga lista) e già soggetta ad una forte pressione ambientale.
Ce n’è abbastanza per far sorgere più di un dubbio sulla bontà di questo progetto.
I cittadini della Valbisagno si sono mossi con una raccolta di quasi mille firme, depositate successivamente in Comune, ed il Municipio IV Media Valbisagno ha approvato una mozione in cui si richiede la revisione completa del progetto. Dalla giunta, al momento, nessun riscontro.
Se il progetto della costruzione del nuovo tempio non è stato condiviso né con il municipio né, tantomeno, con la cittadinanza, perché iniziare a farlo adesso. A due mesi dalle elezioni, poi. Un bel tacer non fu mai scritto, ma qui si esagera. Nel non-comunicare, nel non-condividere.
C’è poi un particolare che fa riflettere, rispetto alle novità dal Cimitero di Staglieno. Perché, da gennaio scorso, le salme in entrata non passeranno più dal varco principale, ma da un’entrata secondaria. E nemmeno verrà più suonata la campanella al loro ingresso.
E, davvero, sembra una macabra catena di montaggio. Niente più suono della campanella dalla porta principale. Che la cremazione dei grandi numeri mal si sposa con quel poco di sacralità che ancora spettava a chi va via per sempre.
Ma poi, è davvero questo il destino di un cimitero monumentale? Non dovrebbe essere la sua stessa denominazione a farne la migliore versione possibile? Un posto per chi se ne va, con tutti gli onori dovuti. Ma anche un posto per chi è ancora in vita. Perché “monumentale” suggerisce che dovrebbe essere anche meta di chi vuole ammirare le sue splendide opere e visitare le tombe dei personaggi illustri lì sepolti.
Che cenere siamo e cenere ritorneremo ce lo hanno ripetuto allo sfinimento. Ma non esageriamo.
Che prima di tornare ad esser cenere, c’è tutta una vita in mezzo.

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