Diritto di vita o di morte

C’era una volta una raccolta firme. C’era una volta, e ancora c’è, una giusta causa. Anzi due. Le raccolte firme per questo si fanno. Per le cause, i diritti. Il diritto di vivere, nel primo caso. Di morire, nel secondo.
Il 1° luglio del 2021 è partita quella del Comitato Sì Aboliamo la Caccia.
Mi soffermo un poco su quest’idea, l’abolizione della caccia, che, da quando ho memoria, ritengo brillante ed ovvia insieme.
Incredibile che se ne debba ancora parlare, che non sia stata risolta, presto e bene, trent’anni fa. Siamo ancora qui, invece.
Abbiamo il diritto di armarci di fucile e sparare nei boschi alla sfortunata creatura capitata sotto tiro. Viveva tranquilla fino ad un attimo prima, ma arrivi tu, essere umano che poi adori il tuo cane, e te la tiri pure perché per ucciderla hai fatto centro. Bravone.
Abbiamo addirittura il diritto di sparare all’interno di proprietà altrui.
Nessun ostacolo al diritto dei diritti, quindi. Spara dove vuoi, con chi vuoi.
Disponiamo del necessario e molto di più. Che senso ha uccidere per diletto? Vuoi sparare? C’è un tiro al piattello che ti aspetta e lì puoi divertirti, all’aperto, senza portare morte e danno. Agli animali, agli esseri umani che ogni anno rimangono coinvolti, all’ambiente, alla comunità. Perché ripopolare le specie selvatiche rappresenta anche un importante investimento di denaro pubblico.
Era partita la raccolta firme, dicevo, raggiungendo quota 520.000. Ma no.
Il quesito referendario è stato valutato non ammissibile alla fase di votazione referendaria. La Corte di Cassazione ha riscontrato irregolarità, varie irregolarità, che hanno portato all’annullamento di 177.000 firme tra cartacee e online. Tutto da rifare.
Strano, eh? Sono la sola a ritenere che la stragrande maggioranza degli Italiani sia profondamente convinta della necessità di abolire questa pratica?
E a pensare che se si fosse arrivati a votare in un referendum, questo avrebbe potuto avere un solo esito? No, che non sono la sola.
Sempre a luglio scorso è partita un’altra raccolta firme. Quella sul fine vita.
Per il rifiuto dei trattamenti sanitari e la liceità dell’eutanasia.
Perché, nel rispetto delle convinzioni di ciascun individuo, si ritiene sacrosanto il diritto di poter decidere per se stessi. Di poter affermare un principio essenziale, quello dell’autodeterminazione. E di scegliere quanto e fino a quando dover gestire la sofferenza di una malattia degenerativa o oncologica. Il risultato è stato importante con oltre un milione di firme raccolte. Ma quando la proposta di legge è stata portata in aula, lì si è fermata. E verrà discussa in data da destinarsi. Ora c’è altro a cui pensare. Ora c’è l’elezione del Presidente della Repubblica e quindi vai col liscio.
I diritti più avanti.
Ora. Il diritto alla vita o il diritto alla morte dovrebbero essere qualcosa di acquisito. Dovrebbe essere naturale che esista una legge che impedisca a qualsiasi essere vivente di morire per mano di terzi ma anche naturale la possibilità di scegliere di non soffrire.
E però, addio diritti, quando ti scontri con le lobby, con il Vaticano che storce il naso.
Perché non è che quella delle armi non sia una lobby.
E non è che in Belgio, Olanda, Lussemburgo e Spagna un paziente non possa chiedere legittimamente ad un medico di aiutarlo a morire.
Ancora una volta, tocca lottare. Per non ritrovarsi, come esseri viventi tutti, sempre più privati di qualcosa che riguarda solo noi dal primo respiro all’ultimo.
E non c’è scusa che tenga.

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